Referente: Valentina Martini

giovedì 21 ottobre 2010

Segnalazione della professoressa Valentina Martini


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Ru486: mobbing politico e caccia alle streghe

di Virginia Romano [20 ott 2010]
Silvio Viale, ginecologo dell’ospedale Sant’Anna di Torino e primo sperimentatore in Italia della cosiddetta “pillola abortiva” (Ru486), è statosospeso dal servizio, in via cautelare, per 25 giorni. Sulle motivazioni di questa sospensione i commenti raccolti dalle parti – lo stesso Viale, da un lato e la direzione ospedaliera dall’altro – sono discordanti e lasciano emergere dubbi in merito alle reali implicazioni dell’accaduto.
La direzione ospedaliera dichiara che la sospensione è stata decisa in seguito a una lite avvenuta tra Viale stesso e una delle infermiere dell’ospedale. Durante la lite Viale avrebbe rotto il dito mignolo dell’infermiera.
Viale dichiara però di non avere alcuna responsabilità rispetto alla ferita riportata dalla donna e che l’incomprensione fosse stata rapidamente chiarita, in privato, tanto che Viale sarebbe stato invitato, a pochi giorni dall’accaduto, alla festa di compleanno della stessa infermiera.
Viale racconta invece di come, curiosamente, a partire dal 2005 – proprio l’anno anno in cui fece attivare la prima sperimentazione italiana del farmaco – abbia subìto, una dopo l’altra, ben dueispezioni ministeriali, due procedimenti penali e, infine, quest’ultimo procedimento disciplinaredel tutto pretestuoso.
Potremmo sospettare, di certo, che il ginecologo sia un pericoloso rompitore di mignoli (salvo chiederci come mai sarebbe stato poi prontamente invitato dall’infermiera per festeggiarne il compleanno), potremmo certo sospettare della sua buonafede nel dichiararsi estraneo ai fatti. Ma ciò che manca alla comprensione di questo quadro, è una corretta “cornice” che chiarisca il senso della vicenda.
Le elezioni regionali dello scorso 28-29 marzo hanno visto vincitore (almeno per ora), uno dei più strenui oppositori della pillola Ru486, tanto che una delle prime dichiarazioni pubbliche da neo-eletto governatore della Regione Piemonte Cota la dedicò proprio alla volontà di bloccare la vendita in farmacia del farmaco allo scopo di restringerne l’utilizzo al regime di ricovero.
La sperimentazione e l’utilizzo della Ru486 rappresentano un’evoluzione nella possibilità di scelta delle donne che decidono di interrompere una gravidanza. Fornisce loro l’opportunità di vivere questa esperienza in modo meno traumatico da un punto di vista psicologico e soprattutto meno rischioso per la loro salute . L’uso della pillola abortiva non rende la scelta dell’aborto un evento gioioso e non lo sponsorizza. Allo stesso modo la legalizzazione dell’interruzione di gravidanza non ha tramutato l’aborto in una scelta lieta, ma ha reso questa pratica materia della professione medica sottraendola all’illegalità e al fai-da-te di mammane e santoni, sfruttatori e aguzzini; la legalizzazione dell’aborto ha salvato vite e ha consentito – soprattutto – di regolamentare questa pratica, aumentando consapevolezza e informazione nella popolazione.
L’uso della pillola abortiva protegge la salute della donna laddove l’interruzione di gravidanza è già un’opzione legale e garantita dal sistema sanitario. Infine, anche se in questi casi la dimensione economica del problema tende a rimanere relegata, ai margini del discorso, il ricorso alla Ru486 alleggerisce la spesa pubblica sanitaria in una fase storica in cui l’ottimizzazione delle risorse è questione etica. Risparmiare in un campo ove tale risparmio sia possibile, a parità di efficacia del trattamento, si traduce in maggiori possibilità di cura e sopravvivenza di altre categorie di malati più sofferenti, più bisognosi.
Cota invece ha pensato bene di farsi interprete di una questione morale carica di falsa coscienza. Negare il ricorso alla Ru486 rappresenta la materializzazione di un sistema di valori nel quale sono lo stigma e la colpa a costituire la posta in gioco. Far uscire la pratica dell’aborto dalle mura dell’ospedale, riduce al minimo l’angoscia dell’esperienza – il rischio di morte o di sterilità, il dolore fisico – riducendo quindi l’espiazione della colpa.
La costante azione intimidatoria, il mobbing politico che emerge da una lettura della vicenda subìta da Viale a partire dal 2005 non possono stupire più. Si tratta di gettare giù dal monte il capro espiatorio, ma non allo scopo di mondare il popolo dalla colpa, bensì per lasciare che esso continui a peccare, a dolersi, a battersi il petto.
Virginia Romano

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